lunedì 22 agosto 2011

CGIL: lettera aperta a CISL e UIL

La Confederazione scrive a CISL e UIL ponendo alcune domande sui temi della manovra economica varata dal governo e sul futuro del mondo del lavoro nel nostro Paese.
Cari amici di CISL e UIL,
usiamo una forma inusuale, ma sicuramente la situazione non è ordinaria, per porvi pubblicamente qualche domanda, per ritrovare qualche coerenza nelle scelte del sindacato confederale in una fase così difficile. La situazione che stiamo attraversando, è molto grave, la crisi mondiale spiega solo in parte il nostro Paese, che è in forte declino ed ha alle spalle tre anni, persi dal Governo a negare la crisi.
Il giudizio sulla negazione della crisi ed i provvedimenti sbagliati, l’ossessione del Governo per la rottura dell’unità sindacale, ci hanno visto divisi in questi anni, in particolare, per l’operato del Governo sulle questioni del lavoro.

Infatti, fin dalla terz’ultima manovra all’idea di difendere nelle pubbliche amministrazioni il potere contrattuale, quanto meno sulle problematiche organizzative e sulle condizioni di lavoro, si è da parte vostra preferito sostenere la legge 150 e la conseguente negazione della contrattazione.
Ma fingiamo per un attimo che tutto ciò sia il passato, ora siamo di fronte ad una terza manovra, con caratteri di iniquità che pensavamo inarrivabili. E’ evidente, dai commenti degli ultimi giorni, che i giudizi sono - se possibile - ancora più distanti, leggiamo che avremmo dovuto aprire una discussione cauta, diplomatica. Vorremmo dirvi, che discussioni ne abbiamo fatte molte, sempre proposte da noi, ma efficacia ne abbiamo vista poca.

Soprattutto, vorremmo sottolineare che siamo per le discussioni esplicite e trasparenti, che comunque sono
meglio degli incontri 'clandestini e secretati' che contraddicono quanto si fa 'insieme' ed in 'pubblico'.
Siamo alla ricerca di risposte, e ci scusiamo se utilizziamo un’intervista del Segretario Bonanni, il 12 agosto sul Corriere della Sera veniva dichiarato: “siamo sempre stati contrari ad ogni ingerenza del legislatore. Quelle norme hanno funzionato proprio grazie all’accordo tra le parti sociali. Se si ritiene che il mercato del lavoro debba essere ancora più regolato, la soluzione va ancora una volta ricercata tra noi. Con questo bipolarismo c’è il rischio che tutto diventi la tela di Penelope oggi il centro destra fa così, domani arrivano gli altri e cambiano e lo stesso discorso vale per qualsiasi eventuale, insensata modifica dell’art. 18”.

  • Possiamo chiedervi cosa è cambiato il 13 agosto alla presentazione della manovra?
  • L’art. 8 della manovra non è un attacco alla autonomia delle parti?
  • Non è un tentativo di cancellare, perché cambia la gerarchia delle fonti, l’intesa del 28 giugno con Confindustria?
  • Non è forse chiaro che trasformare l’art. 18 in materia contrattabile di non meglio identificate “rappresentanze sindacali operanti in azienda”, mina l’efficacia dell’articolo stesso?
  • Non è forse evidente che una norma che non si basa sulla rappresentanza, e affida poteri su tutte le materie fuori dai contratti, è la proliferazione di qualunque forma di sindacalismo ed un attacco esplicito al sindacato confederale?
  • Ed ancora, da quando una legge può rendere vigente retroattivamente un accordo sindacale separato e che prevede l’esclusione di una grande organizzazione sindacale?
  • Non eravate voi che respingevate l’ipotesi che fosse la legge a definire il solo voto dei lavoratori perché lesivo della funzione delle associazioni sindacali?

Abbiamo più volte discusso della necessità che sui costi della politica non si finisse nel qualunquismo e nella riduzione degli spazi di partecipazione, non possiamo dire che la manovra da invece una risposta demagogica perché taglia, senza neanche indicare i risparmi, Comuni e Province senza nessun criterio? Inoltre, si scaricherà sui cittadini (a reddito da lavoro dipendente e pensione) perché non agisce sull’efficacia, ma anticipa il federalismo fiscale a compensazione dei tagli agli enti locali previsti nella manovre.
Altre domande ci vengono sull’accanimento sulle municipalizzate, sull’aggressione agli enti locali mentre nulla si dice sulle consulenze dei ministeri e sulle nomine politiche in sanità.
  • Forse, nel frattempo, si fa strada l’idea dello stato minimo?
  • Potremmo parlare di collocamento obbligatorio e dei reparti confino per i disabili?
  • Abbiamo visto che sui lavoratori pubblici ci sono punti di sintonia, ma come portiamo avanti queste rivendicazioni?
  • Come si fa a dire che i deboli sono risparmiati dalla manovra quando i tagli saranno tutti sui servizi?
  • Certo ci vuole una vera riforma degli assetti istituzionali, si può fare una proposta comune e decidere di sostenerla?
  • Delega assistenza e fisco, sappiamo, che è costruita per far cassa e non per abbassare la pressione fiscale? Possiamo ricostruire una piattaforma sul tema?
Le fasi di divisioni sono difficili per tutti, bisogna governarle perché non si traducano in comportamenti inaccettabili e lesivi del dovuto rispetto reciproco, rispetto alle persone e alle organizzazioni. Pluralismo e democrazia richiedono innanzitutto rispetto, e la CGIL farà di tutto perché non venga meno, ma vorremmo suggerirvi che se la CGIL, in assenza di scelte unitarie, prende una decisione così seria come lo sciopero generale, lo fa perché guarda al Paese, ai lavoratori, ai pensionati.
Non siamo abituati a guardare dal buco della serratura in casa di altri, ci aspettiamo lo stesso rispetto.
Scusandoci per la schematicità, vorremmo ribadire che lo scopo di questa riflessione e di queste domande è l’incrollabile volontà di costruire una proposta ed un’iniziativa comune.

Segreteria Nazionale CGIL

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