domenica 29 maggio 2011

Ora una svolta politica per lo sviluppo e il lavoro - R. Gianola su L'Unità

Il caso Fincantieri è solo l’ultimo, gravissimo episodio che conferma l’arroganza e la violenza della “cultura” di questi tempi, di una ideologia che scarica sui lavoratori, sulle famiglie, sugli ultimi, gli errori, le mancate scelte dell’azienda, il disinteresse del governo». Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, analizza con l’Unità l’ultimo dramma sociale esploso in queste ore nei cantieri navali di Castellammare di Stabia e di Sestri Ponente,un ulteriore atto della crisi economica e politica che attanaglia il paese, ma soprattutto il segno dell’incapacità di Berlusconi di dare risposte credibili, coerenti, alle domande dei lavoratori, dei giovani, delle donne, anche alle imprese sempre più deluse. Il leader della Cgil ritiene «che da questo governo non possiamo aspettarci nulla, è necessario un profondo cambiamento e forse il vento sta cambiando».
Scontri di piazza, occupazioni, proteste. La vertenza Fincantieri apre una nuova stagione di emergenza sociale. Come la giudica?
«Fincantieri ha fatto una scelta insopportabile. Annunciare la chiusura degli stabilimenti, i licenziamenti, il ridimensionamento produttivo con queste modalità è un atto di violenza e nulla mipuò convincere che fosse proprio necessario seguire questo percorso. Molte crisi aziendali ci hanno insegnato che anche situazioni difficili possono essere affrontate in altro modo, senza dare fuoco alle polveri o cercando l’imbarbarimento delle relazioni sociali.Nonsi risolvono i problemi dell’azienda scaricando tutto sui lavoratori».
Ma la crisi Fincantieri c’è davvero...
«Certo. E mi fa rabbia la scelta dell’azienda perchè dal 2009 esiste un teorico tavolo di confronto al ministero dello Sviluppo. Abbiamo sollecitato più volte di tornare a discutere i problemi, ad esempio per il cantiere di Ancona tutto in cassa integrazione, per Monfalcone, per la Liguria dove anche le amministrazioni locali si sono preoccupate. Non è successo niente. E adesso pensano di scaricare le conseguenze dei loro errori sugli ...
operai e loro famiglie. È un atteggiamento sbagliato».
Questo caso richiama l’azione del governo. Come si è comportato?
«È irresponsabile. Non ha nemmeno presente quali sono i problemi dell’apparato produttivo italiano. Il governo è assente e non fa nulla, pensa ancora che la nostra economia possa uscire dalle difficoltà solo con l’aumento dei consumi e senza pensare all’industria, al lavoro: ma questa formula, nel mondo, è servita ad arricchire i più ricchi e ad aumentare le diseguaglianze. In Italia non ci poniamo nemmeno il problema di riprendere lo sviluppo in modo diverso dal passato, pensando all’ambiente, all’innovazione, ai diritti delle persone, a un futuro sostenibile. Niente, zero».
A che punto siamo nella crisi?
«Siamo più indietro di tutti. Il paese si impoverisce. Il governo ha fatto 10-12 manovre di aggiustamento, tutte ispirate da una sola idea: i tagli alla cittadinanza. I dati Istat e Inps sono la fotografia di un paese indebolito, senza speranze, più povero, più ingiusto. In questa situazione trovo davvero fuori luogo una certa ipocrisia politica e culturale che si diffonde nel paese».
A che cosa si riferisce?
«Penso ai più deboli, agli anziani, ai giovani, alle donne. Trovo francamente insostenibili le prediche sulla famiglia che arrivano da più parti, anche da questo governo, quando 800mila donne perdono il lavoro, sono licenziate, perchè hanno fatto un figlio. Questa è la realtà. 800mila lavoratrici sono state costrette a dimettersi perchè hanno deciso di avere un figlio. Il governo Berlusconi, lo voglio ricordare, tra i suoi primi atti decise la cancellazione di quella piccola ma importantissima legge varata dal centrosinistra che vietava la pratica vergognosa e incivile delle dimissioni in bianco».
Camusso,governo di destraosinistra la verità è che non ci sono i soldi.
«Bene, non facciamo tutto. Scegliamo cosa fare come hanno fatto altri paesi. Investiamo, cerchiamo di riavviare la crescita, piantiamola di tagliare fondi e servizi, evitiamo di allargare le diseguaglianze. Perchè è chiaro che in questa crisi c’è chi ci ha guadagnato e chi, come i lavoratori e i pensionati, ha continuato a perdere reddito. Noi non siamo la Grecia, non vedo quel pericolo. Masento che la povertà cresce, che per l’Italia c’è il rischio pesante di non poter più difendere un’idea positiva per quelli che verranno dopo di noi».
Proposte? Un altro governo?
«La maggioranza di governo è sempre più in difficoltà, stanno insieme per interessi personali, per avere la poltrona, perchè temono una vera svolta politica. Il cambiamento politico è un obiettivo da conquistare, forse non è ancora a portata di mano, masi avvicina. Nei prossimi giorni Tremonti annuncerà una manovra correttiva di 40-46 miliardi di euro: si può davvero pensare che il paese non reagirà di fronte a nuove ingiustizie, ad altre stangate senza crescita, senza una equa riforma fiscale? Il vento forse sta cambiando».
Confindustria oggi riunisce la sua assemblea. Gli industriali hanno capito che governo hanno di fronte?
«Forse sì. Avverto anche tra le imprese una progressiva convinzione sull’inefficacia di Berlusconi. Per dirlo con le parole di un tempo questo governo non ha dato risposte nemmeno ai padroni contro i lavoratori. Ma per noi è chiaro che le imprese non sono estranee alle ragioni di questa crisi, Berlusconi c’è dal 1994 e lo hanno sempre accompagnato. Oggi, però, ci guadagnano solo gli evasori,o chi aveva esportato illegalmente i capitali, chi ha speculato sulla finanza. Le imprese serie e responsabili conoscono bene i disastri combinati da Berlusconi. Noi della Cgil lo diciamo da tempo, la divisione sindacale non può essere considerata un gran risultato in questo momento, c’è bisogno di lavorare insieme ».
C’è qualche possibilità di ripresa di un lavoro unitario con Cisl e Uil?
«C’è qualche timido segnale, qualche sprazzo. Ma ci sono enormi difficoltà, grandi differenze sull’analisi della crisi e sulle responsabilità di questo governo».
Un’ultima domanda. L’americano Marchionne dice che per Fabbrica Italia non può fare tutto da solo...
«Fiat ha portato il suo baricentro in America, c’è stato un enorme spostamento finanziario. In Italia la Fiat avrà una presenza residuale. Già oggi la Gran Bretagna, che ai tempi della Thatcher decise di rinunciare all’industria a favore della finanza, produce più auto di noi. E non parliamo della Germania... Possibile che al governo questa novità non interessi? ».

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