“Si parla molto delle tangenti, ma non si mette mai in relazione il fatto che le opere costano tantissimo, ma i salari e i diritti dei lavoratori sono diminuiti”. Così Susanna Camusso, segretario generale della Cgil ai microfoni di Omnibus, su La7, parlando dell’inchiesta sulla corruzione per la realizzazione del Mose a Venezia.
Per Camusso “bisogna tornare alla responsabilità dell’istituzione che decide di fare l’investimento. La politica deve avere una responsabilità di governo e non una responsabilità solo dell’appalto. Questo ci permetterebbe anche di abrogare qualche migliaia di società costruite appositamente a questo scopo che sono poi anche responsabili dell’opacità di tutti questi processi”.
E sul ruolo delle imprese: “Confindustria – afferma ancora Camusso - ha detto una cosa importante sull’espulsione dall’associazione di tutte le imprese corrotte, ma viene fuori che ad ogni grande opera ci sono le stesse imprese che poi scaricano sulla catena del sub appalto tante cose. Allora forse la legislazione sui bilanci di impresa non
va bene”.
Capitolo Rai. Per Camusso lo sciopero non è politico, ma riguarda “la condizione di un’azienda e le scelte che su di essa si stanno facendo. E’ legittimo e quasi normale che il datore di lavoro, che in questo caso è il presidente del consiglio, contesti lo sciopero”. Altra cosa per Camusso è definirlo “umiliante”, perché “così si dà un giudizio sui lavoratori e sulle loro scelte” che “nessuno si può permettere di dare”.
Per il segretario Cgil non si tratta di negare che la Rai debba fare sacrifici. “Ne sono stati fatti molti in questo periodo, in azienda si sono fatti accordi, è diminuita l’occupazione e sono peggiorate le condizioni di chi lavora – spiega – ma è insopportabile lanciare uno slogan che semplifica tutto in maniera distorta. Bisogna ad esempio cominciare a dire che c’è un trattamento diverso per giornalisti e altri lavoratori e bisognerebbe cominciare a dirlo”. Bisogna far risparmiare di più la Rai? “Noi siamo i primi a volerlo – assicura Camusso – ci sono 45mila consulenze, sono davvero necessarie? Probabilmente no”. Ma se l’idea è “indebolire il servizio pubblico, allora noi non siamo d’accordo”. Poi, “come cittadino che ha sempre pagato il canone – sostiene ancora Camusso - penso che se il governo decide che una parte di questa tasse di scopo debba andare al bilancio dello Stato, allora io chiedo di diminuire il canone”.
Insomma, la critica che il segretario Cgil muove al governo non è sulla necessità di ottenere risparmi, ma sul come. “Si sceglie sempre la via facile del consenso immediato che da un lato svillaneggia la Rai, che è servizio pubblico ed è un’azienda importante, e dall’altro non si misura sui piani industriali, non si misura sul tema delle esternalizzazioni e delle consulenze. E alla fine – conclude Camusso – si scarica sui lavoratori precari, con i quali abbiamo fatto un faticosissimo accordo, e che dovrebbero avere finalmente la stabilizzazione ma si sentiranno dire: ‘non ci sono più i soldi’. Allora vogliamo avere il coraggio di andare a vedere cosa c’è in Rai? Lo dico anche per la riforma della pubblica amministrazione: perché dobbiamo continuare ad avere migliaia e migliaia di consulenze? Possiamo partire da lì per tagliare gli sprechi?”.
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