Signor ministro del Lavoro Enrico Giovannini, leggiamo di continuo suoi annunci di interventi sul lavoro, sulle pensioni, di programmi sull'occupazione giovanile. Dichiarazioni che si susseguono indicando orizzonti difficili da comprendere. Lei stesso ha asserito che gli investitori hanno bisogno di stabilità e certezze.
Pensi di quanta ne avrebbero bisogno le persone che dipendono dagli annunci che il governo propone in sequenza sul lavoro e sulle emergenze sociali, non per investire su un progetto di vita, come in epoca di crescita sarebbe auspicabile, ma sulla sopravvivenza in un tempo di crisi ancora molto profonda.
Dire, ad esempio signor ministro, che gli ammortizzatori in deroga sono una priorità e vanno rifinanziati è un obiettivo giusto su cui da mesi i sindacati si mobilitano e continuano anche in queste ore a farlo. Ipotizzare però di trovare solo un terzo, o forse la metà, delle risorse necessarie per garantire il diritto a tutti coloro che potrebbero averne titolo da altri capitoli delle politiche per il lavoro, come la formazione continua e la produttività, non dà maggiori certezze né alle persone, né ai lavoratori. Tantomeno alle imprese che, data l'ambiguità degli stanziamenti, potrebbero decidere di ricorrere ai licenziamenti.
Le chiediamo, signor ministro, se non fosse stato più proficuo convocare le parti sociali e insieme a loro discutere della quantità di risorse necessarie, di dove attingerle e su quali titoli delle «emergenze» allocarle perché, se vogliamo limitare l'emorragia occupazionale, tra le priorità non c'è solo la cassa in deroga, ma anche la mobilità e i contratti di solidarietà.
Eppure, signor ministro, per diminuire l'Imu sugli immobili commerciali e di impresa si annunciano provvedimenti di ben altra portata, ricorrendo, con una strana sproporzione valoriale, alla fiscalità generale, mentre per il lavoro le risorse vengono sottratte ad altri capitoli a tutela dell'occupazione. Le ultime leggi del governo «tecnico», di iniquità sul lavoro e le pensioni ne hanno lasciate molte. Tante sono frutto del mancato confronto, come nel caso degli esodati, degli ammortizzatori sociali e della precarietà.
Signor ministro, c'è una modalità d'azione più giusta ed efficace: quella di aprire il confronto e valutare la sostenibilità sociale, non solo i vincoli economici, delle scelte necessarie da compiere sul complesso tema del welfare. Si sceglie, invece, di annunciare provvedimenti di manutenzione che in realtà rappresentano interventi sostanziali come la liberalizzazione dei contratti a termine, la staffetta generazionale (salvo poi retrocedere in ragione dei costi), le flessibilità in uscita per le pensioni (ma penalizzandole senza qualificare i diversi lavori), e si trascurano altre priorità immediate. Ne citiamo due oltre agli esodati e agli ammortizzatori in deroga: i fondi di solidarietà che stanno venendo meno e la modifica delle norme introdotte dal precedente governo che riducono drasticamente la possibilità di accesso allo stato di disoccupazione.
Gli interventi applicativi della legge sul mercato del lavoro, infatti, prevedono delle scadenze che toccano diritti soggettivi e minano la possibilità di realizzare un sistema realmente universale di tutele sociali, che superi i limiti del vecchio impianto di protezione e che possa essere sostenibile in termini di contribuzione e prestazioni per imprese e lavoratori.
I provvedimenti che saranno approvati nel prossimo Consiglio dei ministri hanno un assoluto carattere d'urgenza. Non sono note le coperture finanziarie, ma non vorremmo che, come in un vecchio gioco in cui a ogni giro si toglieva una sedia, a rimanere in piedi sia sempre il lavoro. Per questo, signor ministro, si può rinunciare a qualche annuncio, confrontarsi di più avendo grande attenzione alla coerenza tra i provvedimenti che si intendono prendere, i diritti dei lavoratori e l'urgenza di dare dignità e sicurezza alle persone.
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